LA DEPRESSIONE

Cos’è la depressione

“Che cos’è la depressione? Quella condizione dell’anima che si registra quando il mondo circostante non ci dice più nulla e il mondo immaginifico, quello dei nostri sogni e dei nostri progetti, tace avvolto da un silenzio così cupo e impenetrabile da impedire anche il più timido degli sguardi che osi proiettarsi nel futuro.”  U. Galimberti

Come ci sentiamo: i sintomi della depressione

Alcune persone arrivano in studio dicendo di sentirsi depresse o raccontando vissuti che richiamano i sintomi della depressione.
Tra questi troviamo il sentirsi tristi e vuoti, la mancanza di energie e la “poca voglia”, la fatica ad addormentarsi e/o la tendenza a dormire molto e a fare fatica a svegliarsi. Oltre a questi, la perdita di interesse per ogni cosa, come obiettivi, progetti, relazioni, i sensi di colpa e i rimuginii. Una persona che ho seguito in studio lo ha definito come “sentirsi un sasso immobile, fermo e freddo”.

Perché ci sentiamo depressi

Quando ci si sente depressi è come se si abbassasse il volume del mondo: non si sente più interesse, non si ha più voglia, non si provano più emozioni intense. È come se tutto fosse più piatto, immobile, silenzioso e vuoto. Abbassare il volume permette di sentire meno intensamente il dolore e la sofferenza, ma porta a spegnere e non sentire più neanche il resto.

Perché si abbassa il volume? La depressione potrebbe essere vista come l’unico modo che, in quel momento, permette alla persona di proteggersi da una sofferenza più grande. Ma quale sofferenza?

Una sofferenza profonda

Di solito la persona si trova in una situazione o in un momento di vita che rischia di portarla o che la porta a sentirsi molto lontana dall’idea che ha di sé. La persona arriva a mettere in discussione sé stessa, a non riconoscersi o a non comprendersi più per come pensava di essere. Questa sensazione di angoscia e spaesamento potrebbe essere troppo pesante da sostenere, per cui non sentire quasi nulla diventa più “percorribile” di sentire la sofferenza. Rimanere fermi e immobili, come ci si sente nella depressione, è l’unica via che sembra sensata quando l’alternativa sarebbe non sapere dove andare o chi essere.

Esempi di esperienze di depressione

  • La scoperta del proprio orientamento sessuale

Un esempio potrebbe essere quello di una persona che scopre di avere un orientamento sessuale diverso da quello che pensava di avere. Questa consapevolezza potrebbe portarla a mettere in discussione chi pensava di essere, le relazioni con gli altri, come gli altri potrebbero vederla. Potrebbe sentirsi persa rispetto a cosa dire e come dirlo, a cosa mostrare e cosa no, a cosa aspettarsi ora che le cose per lei sono diverse da prima. La paura e l’angoscia potrebbero essere così grandi che stare fermi e non sentire nulla potrebbe essere l’unica via in quel momento per riuscire in qualche modo ad andare avanti. 

  • Essere lasciati

Un altro esempio potrebbe essere quello di una persona che ha costruito la propria identità come legata a quella di un’altra persona. Essere lasciato, tradito, perdere quella relazione, potrebbe implicare un non sapere più chi si è, come stare con gli altri, come muoversi nella propria vita, per cui di fronte a questo spaesamento totale l’unica scelta possibile potrebbe essere quella di non muoversi e non sentirsi. 

  • “Troppa” libertà

Un ultimo esempio potrebbe essere quello di una persona che per lungo tempo si è mossa all’interno di una strada tracciata dagli altri (ad esempio i genitori o la società). Nel momento in cui, per un cambiamento di vita, si trova di fronte ad una maggiore libertà e possibilità di scelta, potrebbe sentirsi completamente persa. Se sono sempre stati gli altri a definire cosa le piaceva e cosa doveva fare, cosa potrebbe sentire nel momento in cui si crea un vuoto di aspettative? In cui può gestire la propria vita come vuole? Potrebbe trovarsi nel dilemma del non voler più rinunciare a questa libertà, perché nelle strade tracciate dagli altri non si riconosceva, ma allo stesso tempo fare fatica a sapere da dove partire, perché prima di quel momento non si era mai chiesta davvero chi era e cosa voleva. Potrebbe avere paura di sbagliare, di fallire, di deludere, per cui, di fronte a questa possibilità, non avere voglia di fare niente e lasciarsi trascinare dagli eventi potrebbe diventare un modo di non scegliere, per non affrontare ciò che la spaventa e proteggersi.

Come uscire dalla depressione

Quando ci si sente depressi ci si potrebbe chiedere: cosa è successo di diverso in questo momento della mia vita? Cosa vorrebbe dire per me non essere più depresso e ricominciare a muovermi? A cosa andrei incontro? Cosa provo quando immagino questa possibilità? C’è qualcosa che mi spaventa o mi preoccupa?

Nel percorso di psicoterapia ci faremo queste domande, cercheremo di comprendere il significato della depressione e proveremo a trovare insieme nuove lenti con cui leggere sé e il mondo, nella direzione di costruire nuove possibilità di movimento.

 

Se ti riconosci in ciò che hai letto e vuoi provare ad affrontare insieme la depressione, contattami.

EQUILIBRIO E RELAZIONI

In terapia molto spesso le persone esprimono un concetto attraverso un’immagine, perché permette loro di renderlo più vivo, più dinamico, più vicino alla loro esperienza.

Di recente una persona ha descritto le relazioni umane come “tante cordicelle, io tiro un po’ qua, tu tiri un po’ là”.

A me fa pensare a come in ogni relazione entrino due o più persone, ciascuna con il proprio modo di sentire, vedere, pensare e – di conseguenza – di relazionarsi. E in questa relazione è come se ognuno avesse in mano tante corde – alcune arrivano all’altro, alcune gli sfuggono di mano, altre si incastrano sul polso, altre si sfilacciano o si rompono, in un continuo tentativo di comunicare, di capirsi, di incontrarsi.

A volte riusciamo a vedere solo il nostro estremo della corda e facciamo fatica o non siamo disposti a capire cosa succede all’altro capo se lo tiriamo verso di noi. Altre volte guardiamo solo all’estremo che ha in mano l’altra persona e ci dimentichiamo del risvolto che ha su di noi se quella persona lo tira verso di sé.

La maggior parte delle volte è un gioco di equilibrio, tra il tirare e il lasciar andare, tra il tendere e il mollare, tra il fare nodi e fare tagli – un equilibrio che ci permetta di esserci, senza dimenticarci dell’altro, e che permetta all’altro di esistere, senza dimenticarci di noi.

PIANGERE

Piangere non è mai solo una questione di lacrime. Piangere è un’espressione di sé, di qualcosa che proviamo dentro – di qualcosa che ci divora, che ci logora, che ci spegne, che ci svuota, che ci infuoca, che ci commuove.

Piangere non è la stessa cosa per tutti. La possibilità di piangere è qualcosa che si riempie dei nostri significati: quanto sento di potermi aprire all’altro? Quanto posso fidarmi? L’altro è qualcuno che mi accetterà o qualcuno che mi rifiuterà? Verrò ascoltato o rimarrò solo? Se piango sono una persona forte o sono debole? L’altro mi accoglierà o mi metterà i piedi in testa?

Piangere non è solo un atto naturale e spontaneo – siamo noi che scegliamo se, quando e quanto aprire i rubinetti. Perché aprire i rubinetti significa far uscire qualcosa di noi, qualcosa di intimo e delicato – e questo è qualcosa che spesso desideriamo ardentemente e che allo stesso tempo ci spaventa profondamente.