L’intelligenza emotiva consiste nella consapevolezza delle proprie emozioni, nella capacità di controllare i propri impulsi, nella capacità di empatizzare con gli altri e nella capacità di interpretare i segnali sociali.
Come si sviluppa l’intelligenza emotiva?
La famiglia è il primo ambiente in cui sviluppiamo un’immagine di noi stessi e in cui impariamo quali sono le risposte degli altri ai nostri sentimenti; impariamo quale nome hanno le nostre emozioni, come dobbiamo esprimerle e come possiamo reagirvi.
L’educazione emozionale passa non solo verbalmente, attraverso ciò che ci dicono i genitori, ma anche attraverso il modello che essi offrono. Ci sono diversi modi in cui i genitori possono comportarsi nei confronti delle emozioni e dei sentimenti dei figli e possono essere ricondotti a quattro categorie:
- Genitori noncuranti: sminuiscono, ignorano o sottovalutano le emozioni negative dei figli.
Genitori censori: criticano le espressioni di sentimenti negativi e possono arrivare a punire o rimproverare i figli per queste manifestazioni emotive.
Genitori lassisti: accettano le emozioni dei figli e si dimostrano empatici ma non riescono a offrire loro una guida o porre limiti al loro comportamento.
Genitori allenatori: riconoscono i sentimenti dei figli, empatizzano con essi, li aiutano a dargli un nome, lasciano che sperimentino l’emozione, rispettano i loro sentimenti ma pongono anche dei limiti al loro comportamento.
Un esempio può essere, se il bambino non vuole andare all’asilo:
- Genitore noncurante: “Sei ridicolo, non c’è nessuna ragione per intristirsi per il solo fatto di dover uscire di casa. Dai vedrai che ti diverti”.
Genitore censore: “Se non inizi a cooperare, le prendi. Sono stanca/o del tuo comportamento”.
Genitore lassista: “E’ naturale voler rimanere a casa, anche a me piacerebbe. Dai giochiamo ancora 10 minuti poi andiamo”.
Genitore allenatore: “Capisco come ti senti. Ci sono certe mattine che anche io vorrei rimanere a casa con te. Vieni qui, abbracciami. Mi dispiace, ma non possiamo rimanere a casa. Ti fa arrabbiare vero? E sei anche un po’ triste? (Lo lascia piangere, tenendolo stretto). Senti che facciamo, pensiamo a domani, che staremo insieme. Perché non pensi a cosa ti piacerebbe fare?”.
Nel caso dei genitori noncuranti o censori il bambino non vede riconosciute le proprie emozioni e sentimenti e può iniziare dunque a pensare che essi non abbiano valore o che siano sbagliati, perdendo stima in se stesso; nel caso dei genitori lassisti viene invece lasciato libero di esprimerli ma senza alcun contenimento e senza guida su come affrontarli e può iniziare quindi a percepirli come spaventosi.
È solo nell’ultimo caso, in cui il genitore allenatore permette al bambino di vivere l’emozione offrendogli però anche un sostegno e degli strumenti per riconoscere e gestire tale emozione, che il bambino impara ad avere fiducia in se stesso e in ciò che prova e sviluppa i propri modi per gestire ed elaborare le emozioni.
Bibliografia
Cecatiello, A. – Clerici, C. A. (2016). I miei genitori si dividono. E io? Separarsi e divorziare tutelando se stessi e i figli. Red Edizioni
Gottman, J. – Declaire, J. (2015). Intelligenza emotiva per un figlio. Una guida per i genitori. BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Marcoli, A. (2017). Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili. Mondadori