QUESTIONE DI LENTI

“Ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma i giudizi che essi formulano sulle cose.” — Epitteto

Quando siamo felici non è l’oggetto della nostra felicità a renderci felice, ma ciò che per noi esso rappresenta. Quando ci arrabbiamo con qualcuno, non proviamo rabbia per ciò che quella persona ha fatto ma per quello che per noi significa ciò che essa ha fatto.

Ciò che proviamo e facciamo è guidato dal significato che attribuiamo a ciò che ci accade e che ci circonda – è influenzato dalle lenti che usiamo per guardare il mondo.

Ad esempio, se scegliamo di indossare le lenti del giudizio, tenderemo a leggere tutto ciò che ci accade – un commento ricevuto al lavoro, una frase detta da un amico, un consiglio dato dal partner – come una critica, un giudizio, una svalutazione di sé come persona.

Provando a cambiare le lenti che stiamo usando, potremmo rivalutare quel commento, quella frase, quel consiglio, come aiuto, affetto, amore, incoraggiamento, interesse – o anche invidia, paura, dolore, stanchezza.

Perché bisogna ricordarsi che quel commento, quella frase, quel consiglio arrivano da una persona – una persona che come noi usa delle particolari lenti per leggere ciò che gli altri fanno, sulla base dell’esperienza che ha fatto, di cosa le è stato insegnato, di cosa per lei è stato più utile fino a quel momento.

La cosa più difficile spesso è accettare che perché qualcosa cambi non dobbiamo cambiare le cose che ci circondano o le altre persone – ma dobbiamo cambiare noi stessi. E così imparare a usare tanti tipi diversi di lenti, per imparare a vedere il mondo in tanti modi diversi.

FARE ESPERIENZA

Esperienza deriva dal latino experientia – da experiens, participio presente del verbo experiri, ossia “provare, sperimentare“.

Ma in cosa consiste il fare esperienza?

Ognuno di noi si muove sulla base delle proprie anticipazioni su di sé e sul mondo, ovvero sulla base di ciò che immagina che accadrà o che non accadrà conseguentemente al suo agire. Di solito, tendiamo a scegliere tra le tante possibilità di agire quella che ci permette di sentirci più sicuri rispetto alle nostre previsioni.

Il nostro muoverci nel mondo sulla base delle nostre anticipazioni ci mette di volta in volta a confronto con la possibilità che queste si rivelino sensate o con la possibilità che ciò che avevamo anticipato non si verifichi.

Mettere a verifica le proprie anticipazioni su di sé e sul mondo è un processo di apprendimento e di crescita, che però non è sempre così facile.

Ci sono alcune anticipazioni che per noi sono particolarmente importanti, centrali, e spesso riguardano il modo in cui noi ci percepiamo, cosa ci aspettiamo da noi, cosa ci aspettiamo in generale dal mondo nei nostri confronti.

Queste anticipazioni tendiamo ad usarle in modo massiccio perché per lungo tempo ci hanno permesso di stare in piedi e continuare a camminare. Arriva a volte il momento in cui però non vengono confermate o non si rivelano più utili come prima: trovarne delle nuove significherebbe imparare e crescere ma è spesso molto difficile perché implicherebbe abbandonare il modo con cui abbiamo letto e costruito noi stessi e il mondo per tanto tempo.

Possiamo dunque rimanere bloccati tra il nostro modo abituale di fare, pensare, vedere, sentire e la possibilità di cambiare, aggiungere, modificare, arricchire, perché non conosciamo un’alternativa o perché vediamo le alternative come qualcosa che non ci appartiene.

È come se il nostro modo abituale ci avesse permesso di salire tanti gradini, ci avesse accompagnato per tanto tempo nel costruire qualcosa per noi, nel direzionarci, nell’andare avanti – per poi accorgerci che quel modo tanto conosciuto, rodato, fidato non ci permette però di andare oltre, di fare il salto, di mettere – e di metterci – alla prova.

Ha quindi molto senso capire perché il nostro modo abituale è ed è stato così importante per noi, cosa ci ha permesso di fare, quale senso ha avuto – per poi darsi anche il tempo di curiosare tra le alternative, pensare ad altri modi, scegliere quelli più vicini a noi, quelli più plausibili, per riprendere a fare esperienza, a imparare, a crescere, accettando che questo percorso possa non essere né facile né immediato. Perché nel cambiamento, soprattutto di parti centrali di sé, c’è sempre una sensazione di spaesamento, angoscia e paura, ma attraversate quelle si apre per noi la possibilità di essere anche altro – e di stare meglio.