INTANTO

Intanto significa imparare a chiedersi cosa succede se proviamo a guardare la nostra esperienza da un’altra prospettiva.

Ci troviamo sempre incastrati nel nostro modo di vedere le cose, come se fosse l’unico possibile, perché “tanto le cose stanno così”.

Ma se così non fosse?

Ognuno costruisce ciò che vive secondo dimensioni molto differenti, al punto che una stessa situazione può avere significati completamente diversi per diverse persone. Questo è anche alla base della difficoltà di comunicare con gli altri, in quanto tale difficoltà nasce nel momento in cui ognuno si trincera dietro il suo personale modo di guardare, considerato giusto, e si difende da quello dell’altro, considerato sbagliato.

È plausibile allora che una stessa situazione possa essere costruita in modi differenti anche dalla stessa persona?

Se cercassimo per un momento – mettendo tra parentesi l’orgoglio, la paura, la minaccia e le altre emozioni che lo rendono impossibile – di sospendere il nostro punto di vista per provare a guardare le cose da un’altra prospettiva, prendendo in considerazione anche quella che ci viene proposta dagli altri?

Questo non significa abbandonare ciò che crediamo ma renderlo permeabile, flessibile, aperto a modifiche e revisioni. Perché aprire lo sguardo significa arricchire gli strumenti che abbiamo e – certe volte – permette di iniziare a vedere diversamente qualcosa che ci fa star male e che abbiamo fino a quel momento percepito come definitivo ed esterno a noi – iniziando a considerare che il modo in cui lo viviamo nasce dal modo in cui lo guardiamo. E che gli occhi sono i nostri.

STORIA DI UN’INCOMPRENSIONE – PERCHÈ A VOLTE NON CI CAPIAMO

Oggi sono molto stanca, è un periodo impegnativo fisicamente e mentalmente, sembra che niente vada mai bene. Mi chiedono l’impossibile, a casa e al lavoro. Avrei veramente bisogno di riposo e affetto. Torno a casa, sono le 18.30, finalmente posso stare un po’ con mia figlia di 5 anni. Però devo anche stirare, cucinare, fare una lavatrice, ordinare un po’. Appena rientro, mia figlia non mi saluta. Le chiedo come è andata la giornata, non risponde. Cerco di darle un bacio, si ritrae. Che fatica – penso. Con tutti gli sforzi che faccio questa è la ricompensa – penso. Le dico che è ora di fare il bagnetto. Si lamenta, inizia a piangere, sbatte i piedi, è intrattabile. Possibile che io non possa avere una serata tranquilla? – penso. Perdo la pazienza, mi arrabbio, le dico che non mi capisce, che la mamma fa tanti sforzi e lei sa solo fare i capricci, che così non è il modo di comportarsi. Non capisco dove sto sbagliando, non so più cosa fare.

Stamattina mi sveglio, la mamma inizia – vestiti, lavati, fai colazione, andiamo, veloce, cammina, siamo in ritardo, dobbiamo andare all’asilo. Siamo sempre di corsa, io invece vorrei stare un po’ tranquilla con la mamma. Ma non si può – così dice la mamma. Vado all’asilo e la mamma va al lavoro. Torno a casa con la baby-sitter e la mamma è ancora al lavoro. È tutto il giorno che vorrei abbracciarla e non posso. Ma cosa sarà mai poi questo lavoro? È forse più importante di me? Va beh, intanto gioco con gli amici all’asilo, gioco con la baby-sitter a casa. Che ore sono? – penso. Torna sempre così tardi – penso. Eccola che torna, ma io sono arrabbiata. È tutto il giorno che la aspetto. Vuole darmi un bacio ma io voglio farle capire che sono arrabbiata, che mi è mancata, quindi non lo voglio. Mi chiede com’è andata. Male, tu non c’eri – vorrei rispondere, però sto zitta. Mi dice – è ora di fare il bagnetto. Uffa penso, ma giocare con me no? Sono così sporca? Mi mette nel bagnetto e si mette a cucinare, ordinare, fare cose. Mi metto a piangere, urlare. Forse così si accorge che voglio solo stare con lei. Invece no, si arrabbia, mi sgrida. Forse non mi vuole bene.

 

In questi due paragrafi vengono immaginati il punto di vista di una mamma e il punto di vista della sua bambina rispetto ad una stessa giornata della loro vita. Il modo in cui vedono tale giornata è molto diverso ma si può dire che una delle due abbia più ragione dell’altra? O sono entrambi punti di vista validi, che nascono dall’esperienza personale che ognuna di loro ha della vita in quel momento?

Si può dunque dire che la realtà ha delle sue caratteristiche intrinseche oppure è qualcosa che costruiamo noi? C’è una realtà che può essere definita a prescindere da come noi la guardiamo oppure nasce dalla nostra esperienza delle cose? 

Ognuno di noi, posto di fronte al mondo, può scegliere come interpretarlo, quale significato dare ad un evento, a quali particolari dare rilievo, quali alternative tra le tante possibili sono per lui più sensate, valide, plausibili.

Questa prospettiva apre:

  • all’incontro con l’altro: non si può dire che il modo di vedere le cose di una persona sia più “giusto” di quello che ha un’altra persona, ma ognuno sceglie quello che ritiene migliore per sé. Per entrare in relazione con l’altro è però importante a volte provare ad uscire dal proprio punto di vista per cercare di comprendere quello dell’altro. Questo permette di vedere un evento da diversi punti di vista, di rileggerlo con altri occhi e di aumentare la comprensione di ciò che accade nelle relazioni tra persone. A volte le incomprensioni nascono dal dare per scontato che la realtà sia come la vediamo noi e che l’altro non ci capisca o sbagli. Riconoscere che l’altro possa vedere qualcosa di diverso e che il suo modo di vedere le cose sia altrettanto legittimo rispetto al nostro apre la possibilità alla creazione di una comunicazione più profonda.

  • al cambiamento: se una stessa situazione può essere letta in diversi modi, allora è possibile che una stessa persona possa aprirsi a più punti di vista rispetto ad essa. Anche qualcosa che ci fa soffrire molto, che ci mette in difficoltà e che ci sembra inaffrontabile o senza via di uscita, in realtà è aperto a diverse interpretazioni, nonostante a volte sia difficile uscire dal proprio modo di rappresentarselo. Cambiare il modo di vedere qualcosa cambia anche il modo in cui lo si affronta, e cambia noi stessi.

Nel caso degli esempi riportati, per la mamma potrebbe essere utile cercare di comprendere come sua figlia viva il fatto che la mamma lavori e sia fuori casa tutto il giorno e cosa le piacerebbe fare quando sono insieme, perché la aiuterebbe a dare un nuovo significato ai comportamenti della figlia e a sentirsi meno impotente, mentre per la bambina potrebbe essere utile conoscere meglio il lavoro della mamma, capire quale importanza abbia per lei e perché a volte la mamma sia stanca o distratta, perché la aiuterebbe a capire meglio i comportamenti della mamma e a non sentirsi non amata. Questa comprensione reciproca modificherebbe il modo in cui ognuna di loro percepisce se stessa, l’altra e la relazione.

Bibliografia
“Alternativismo costruttivo” da Bannister, D. – Fransella, F. (1986). L’uomo ricercatore. Introduzione alla psicologia dei costrutti personali. Psycho di G. Martinelli & C.