QUANDO LA NOSTRA “ISOLA FELICE” NON CI RENDE PIÙ FELICI

Spesso rimpiangiamo di esserci allontanati dalla nostra isola felice, anche quando di felicità c’è n’era ben poca. Perché fa paura affrontare il mare aperto da soli.”

Passiamo gran parte del tempo cercando di costruire qualcosa – qualcosa che ci faccia sentire di avere un ruolo, di far parte di qualcosa, di essere utili, di lasciare dietro di noi una traccia.

A volte però, strada facendo, ci accorgiamo che quello che abbiamo costruito fino a quel momento non ci corrisponde più, ci fa sentire stretti, ci blocca, ci spaventa, ci soffoca.

Cosa fare allora? Da una parte c’è quello che abbiamo costruito, con fatica, impegno e anche passione – qualcosa in cui abbiamo messo noi stessi – che nonostante non ci corrisponda più ci fa sentire in qualche modo sicuri, perché almeno lo conosciamo, ci siamo abituati. Dall’altra parte c’è tutto quello che potremmo fare e che potremmo essere ancora – su cui però non possiamo fare grandi previsioni – qualcosa che non dà alcuna garanzia, fa paura, è incerto.

Possiamo allora scegliere di rimanere al nostro posto, anche se ormai lo viviamo come una gabbia – una gabbia che costruiamo noi, giorno dopo giorno. Oppure possiamo scegliere di aprire la porta, uscire dalla gabbia, e ricominciare a costruire qualcos’altro – custodendo comunque la gabbia, che intanto sarà diventata un contenitore di ricordi e quindi di una parte di noi.

Scegliere di fare qualcosa di diverso, che sentiamo più vicino a ciò che siamo in quel preciso momento di vita, non significa annullare tutto ciò che siamo stati e perderci totalmente. Significa invece partire da ciò che abbiamo costruito fino a quel momento, capire perché lo abbiamo costruito, che cosa dice di noi, che cosa racconta di ciò che non ci fa più star bene e di ciò che invece vorremmo esplorare.

Non c’è una scelta giusta o sbagliata – è solo importante imparare ad ascoltarsi.

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